Sonata Islands meets Mahler
RIO (rock in opposition) transcribed for acoustic
quartet
(flute bass clarinet, violin, cello)
works by Fred Frith, Univers Zero and original compositions
Fred Frith Norrgarden Nyvla
(trascrizione di Giovanni Venosta) 03.03
Fred Frith Hands of the Juggler (trascrizione di Giovanni
Venosta) 04.46
Fred Frith Snake Eating Its Tail
(trascrizione di Mauro Pedron) 01.44
Emilio Galante Rethinking Plague (ispirato a Love di
Mike Johnson) 03.51
Daniele Denis/Univers
Zero Presage
(trascrizione di Giovanni Venosta) 10.25
Massimo Giuntoli Land Arf 06.21
Francesco Zago Brachilogia 03.06
Emilio Galante Distillando 04.21
Tiziano Popoli Crossroads 04.37
Stefano Zorzanello Luoghi che aspettano 08.06
total time 50.20
Emilio Galante flute, piccolo
Valerio Cipollone, bass clarinet, clarinet
Andrea pecolo violin
Bianca Fervidi cello
Sulla parete a destra del mio letto tuttora campeggia il manifesto
originale con il programma della rassegna di “Rock in Opposition”, di
passaggio al Teatro dell’Elfo a Milano nel 1979. Una sorta di memento
audere semper della musica che avrei continuato ad ascoltare con
devozione per i successivi trentatré anni e che non mi sono ancora
stancato di seguire. Avevo diciotto anni, ero studente del
Conservatorio e naturalmente al verde, anche perché spendevo
sistematicamente tutta la mia “paghetta” settimanale in dischi.
Nonostante il biglietto costasse “solo” duemila lire per ogni ingresso,
avevo quindi la possibilità di scegliere solo due tra tutti i concerti
del meraviglioso “gruppo dei sette”: Etron Fou Leloublan, Aksak Maboul,
Art Bears, Art Zoyd III, Samla Mammas Manna, Univers Zero e Stormy Six…
una vera “scelta di Sophie”, mannaggia… Un po’ alla disperata, alla
fine optai per Etron Fou (che avevo già visto e dei quali apprezzavo
molto la spregiudicatezza patafisica) e Art Zoyd (non li conoscevo
affatto, ma mi incuriosiva parecchio un ensemble con tre archi
elettrici e tromba), anche se negli anni a seguire i miei preferiti
sarebbero poi diventati soprattutto Art Bears e Univers Zero. Ricordo
ancora l’impressione che ebbe un mio carissimo amico violinista, il
quale rimase piuttosto infastidito dalla ruvidezza del suono di Gérard
Hourbette. Inutile dire che io invece ne rimasi rapito… Chi avrebbe
immaginato che di lì a poco la Recommended Records
dell’incommensurabile Chris Cutler avrebbe concesso l’onore di più
pubblicazioni ai miei lavori in coppia prima con Roberto Musci e
successivamente con Massimo Mariani. E che ancora molti anni più tardi
avrei addirittura trascritto due composizioni di Fred Frith e una di
Daniel Denis per Sonata Islands! Personalmente ritengo che uno degli
aspetti più appaganti di quest’ultima apparizione è l’essere in così
onorevole compagnia. Desta una certa ammirazione constatare la qualità
e la varietà creativa anche delle composizioni originali che, come
tratto comune distintivo, manifestano l’evidente affetto per la “Roccia
In Opposizione” da parte di tutti i compositori coinvolti. Mentre si
ascolta questa raccolta, oltre a trovare un’altra trascrizione del
Frith più recente da parte di Mauro Pedron, ecco che le lettere che
formano il nome dell’ensemble fondato da Emilio Galante si ricompongono
in “Dissonant Alas” per le “brachilogie” di Francesco Zago, per poi
riapparire sotto forma di “Assonant Dials” per il brano di Massimo
Giuntoli (che qui compare anche in veste di pianista). Si prosegue
divertiti nel gustare il “tango” di Tiziano Popoli per poi soffermarsi
nei “luoghi” di Stefano Zorzanello di julverniana memoria. Infine i due
brani di Galante stesso, che si palesa attraverso un amoroso tributo ai
Thinking Plague e con Distillando, delicato ma vagamente sinistro, come
si conviene al puro stile RIO.
Infine due parole per Marcello Marinone, in omaggio alla sua
donchisciottesca testardaggine nel tener viva una collana discografica
di così alto livello in tempi così difficili, specie per la
sopravvivenza della musica cosiddetta “altra”.
Giovanni Venosta, Milano, 26 marzo 2012
At the right side of my bed, on the wall, still stands out the original
poster of the “Rock in Opposition” programme, passing in Milan at
Teatro dell’Elfo in 1979. A sort of musical memento audere sempre
(“remember to dare always”) which I would have listened with devotion
for the next thirty-three years and I haven’t got tired of following
yet. I was eighteen, I was a student at the conservatory and, of
course, dead broke, even because I sistematically spent all my
“allowance” for records. Even if the cost of the ticket was “just” two
thousand liras for each gig, I could choose two of the concerts of the
wonderful “group of seven”: Etron Fou Leloublan, Aksak Maboul, Art
Bears, Art Zoyd III, Samla Mammas Manna, Univers Zero and Stormy Six…
an actual “Sophie’s choice”, damn… Finally I opted for Etron Fou (I saw
them yet, and I liked very much their pataphysical open-mindedness) and
Art Zoyd (I didn’t know them at all, but I was really curious about an
ensemble with three electric strings and trumpet), though in the
following years Art Bears and Univers Zero in particular would have
become my favourite ones. I still remember the impression from a great
friend of mine, a violin player, who got a little bit annoyed by Gérard
Hourbette’s rough sound. Useless to say that I was spellbound instead…
Who could have imagined that after some time Recommended Records and
the great Chris Cutler would have given me the honour of various
releases, first with Roberto Musci and then with Massimo Mariani. And
that many years later I would have even transcribed two compositions by
Fred Frith and one by Daniel Denis for Sonata Islands! Personally I
think that one of the most fulfilling feature of this project is the
fact of being in such an honorable company. The quality and the
creative variety of the original compositions are praiseworthy too. As
a common and distinctive feature, all the composers openly show their
love for “Rock in Opposition”. If you listen to this compilation, you
can also find another more recent Frith’s transcription by Mauro
Pedron; if you shuffle the name letters of the ensemble established by
Emilio Galante, you can rewrite it as “Dissonant Alas” for the
“brachilogie” by Francesco Zago, then they reappear as “Assonant Dials”
in Massimo Giuntoli’s piece (here Giuntoli plays the piano too). So we
go on enjoying the cheerful “tango” by Tiziano Popoli, then lingering
over Stefano Zorzanello’s “places”, reminding Julverne’s sonorities.
Finally, two pieces by Galante: a loving tribute to Thinking Plague,
and Distillando, delicate but vaguely grim, so typical of the most
authentic RIO style.
Last but not least, I’d like to pay homage to Marcello Marinone, for
his quixotic stubborness to keep alive such a good record label in so
difficult days, particularly for the survival of the so-called “other”
music.
Giovanni Venosta, Milan, March 26th 2012
Reviews
progsphere
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the
rocktologist
progulator
psychemusic
camelotclubprog
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Larjines
Stile
libero 2003
€9,00
Poem ladin de Stefen Dell’Antonio Monech
Cor Quadrivium diretor Luigi Azzolini
Emilio Galante flaut, flaut bas, live electronics e campionator
1) Prologo 2) Pomoncins 3)Festuch 4) Aisciuda/Rue Petion 5)
Ciufagna 6)Fior de la sita
7) Nègherles e reses 8) Azola/Sangon 9) Negherà da mont/Uton 10) Ardon
11) Steila
da Mont 12) Formella 13) Steila da neif
Anna
Pellizzari sopran
Marco Petrolli contratenor
Paolo Deanesi bas
Andrea Dulbecco vibrafon e percusions
Stefano Menato sax aut
Tout
sù da Marco Lincetto ai 8 de aost 2002 te la sala de la musega de Palaz
de’ Pizzini, de la fondazion W. A. Mozart de' Pizzini von Hochenbrunn,
a Ala.
Tai e missaje de Matteo Costa, Pèdua, otober 2002 – jené 2003.
"Larjines" è il titolo di una vasta composizione con musiche di Emilio
Galante e testo di Stefano Dellantonio, in ladino. Il testo è stato
scritto
appositamente,
quasi libretto di un'opera nuova: musica e parole si sono seguite e
hanno modificato l'un l'altra durante l'atto creativo.
La lingua ladina vive in quest'opera come lingua viva, capace di
ricrearsi
continuamente. L'ispirazione viene dai fiori e dalle stagioni della
valle di
Fassa:
la scrittura musicale non risente dell'influenza del popolare ma è
piuttosto compiuta espressione della poetica dell’autore, che trova in
quest’opera la sua creazione fino ad ora più significativa.
La
forma è quella di un ciclo liederistico per coro, con rari momenti
narrativi e prevalente tono lirico. La musica si è lasciata
influenzare, per cercare la massima articolazione espressiva, da
numerose forme della tradizione, dall’hoquetus e il motetus medievali,
all’aria barocca.
La produzione tutta è consapevolmente intrapresa con forze trentine,
quasi
a voler provare una potenzialità creativa autoctona ed insieme la forza
espressiva di una lingua regionale, profondamente legata alla cultura
alpina.